La (mia) gravidanza ai tempi del Coronavirus



Se per apparire, un po’ bisogna soffrire o come per le cose tanto belle, si dice che spesso ci sia una forma di sacrificio alle spalle, beh, oggigiorno queste due fonti mi ispirano, nel modo più assoluto, a pensare che il medesimo periodo in cui sto attraversando la (prima) gravidanza,… non è niente male! Abbozzo un sorriso e Lucrezia intanto scalcia, ignara di ciò!
Un giorno sì ed uno no, ricevo messaggi di conforto dai parenti più cari e amici che condividono con noi questo magico percorso, perché nonostante i tg strappa ansia e le cronache che ci riportano i numeri dei contagiati e, grazie a Dio, anche di quelli guariti, voglio ovattarmi nel mondo della dolce attesa, consapevolmente. I primi sei mesi, vomito e malessere a parte, li ho vissuti decentemente, però dalla settimana seguente il mio compleanno, trascorso in pizzeria con la compagnia degli amici più stretti, a scartare pacchetti regalo contenenti abitini deliziosi per la nascitura e biglietti scritti col cuore, le cose sono cambiate per tutti. Dal giorno in cui è scoppiata la bomba del virus, non ho più guardato negli occhi un mio parente: ho mutato radicalmente le abitudini, convertendole in lunghe chiacchierate al telefono e aggiornato il pancione che cresce, tramite foto su Whatsapp. Né tantomeno abbracciato chi frequento abitualmente, un gesto a me molto caro che compio spesso. Tutto ciò proprio per tutelare in primis la creatura che giorno dopo giorno cresce in me, si nutre grazie al cordone, risponde agli stimoli esterni e addirittura da questa epoca gestazionale, dovrebbe ciucciarsi il ditino; alle persone che potenzialmente sarebbero più esposte al contagio e ai contatti che tutti indistintamente abbiamo al di fuori, mi auguro, dei social, seppur utili, alle volte generano spavento, gettando così nello sconforto sul pensiero di una possibile risalita.
Detto ciò, metto giù queste parole, come un discorso a microfono, per condividere con voi virtuali e in particolare le altre future mamme, quello che può essere il mio periodo fatto di discrezioni, precauzioni e gioie. Un mix che faccio coesistere senza particolari difficoltà nel mio quotidiano e fortunatamente non sono sola in questo. Mio marito Fabrizio, è sempre al nostro fianco (o sul panciotto!) e l’altro giorno, a passeggio mano nella mano, pensava a cosa ci avrebbe chiesto la nostra piccola: “ma era successo un casino quando eri in attesa di me?” e abbiamo sorriso. Non manca mai di abbracci, aiuti domestici e condivisione verso la piccola che arriverà tra qualche mese! Sì perché in tutto questo marasma, in cui la gente scappa in preda al panico da una regione all’altra, fa corse funeste nei supermercati e i ragazzi al momento disoccupati da scuola, creano veri e propri greggi al pascolo senza meta, io credo che la situazione che stiamo vivendo, possa essere davvero una grande opportunità introspettiva. Semplificando: stare a casa in questo momento storico, scandito da difficoltà di ogni genere, che ha messo in ginocchio economia e categorie più fragili, significa aver rispetto per il prossimo. Nient’altro. 
Voler bene ai nostri nonni è un dovere e quando leggo di giovani volontari disposti a fare per loro commissioni, ecco che mi ricredo e non faccio di tutta l’erba un fascio, ma sarebbe bello che questa fosse la maggioranza, anziché la rarità. Voi immaginate: se il problema fosse stato opposto, cioè che gli anziani per tutelarci dovevano stare a casa, loro non avrebbero messo in atto le procedure indicate, ora d’obbligo morale? Ricordiamoci che i nostri “vecchi” son quelli che in tempi di guerra, dividevano il pezzo di pane tra loro, con tanto di sorriso intriso di speranza, sono gli stessi che incoraggiano il nipote a scuola, con una pacca sulla spalla, e sono sempre loro che condividono la porzione più grande quando ci mangi insieme. Per non parlare delle mance, quei gruzzoletti ritagliati già da misere pensioni o sacrificate dalla necessità di una dentiera nuova. Noi oggi possiamo far loro un regalo ancora più grande: farli vivere fuori dagli ospedali affollati. Cosa cambia? Non siamo disposti a porgere l’altro lato della guancia, proprio a loro che le nostre guance ce le hanno cibate di coccole e amore, fin da piccoli e forse più dei genitori stessi, spesso assenti per lavoro o cause di forza maggiore. Ripensateci su e chissà quanti ricordi potrete rispolverare. A me viene naturale raccomandare la mia nonnina, che si fa ancora in quattro per tutti, e non mi stufo mica di dirle che tocca a lei essere aiutata nelle faccende e che non è “wonderwoman”, contro questo nemico…invisibile! Vuol dire prendersi cura, come per la propria igiene personale: lo ripeto spesso anche a Fabrizio, una volta scaricata la spesa, di lavarsi le mani per più secondi, perché è anche questo un promemoria d’amore, così come per la mia sorellina, Benedetta (oramai quindicenne) che si sposta coi mezzi. Ci manca solo la richiesta dello squillo quando torna a casa. Sono accorgimenti che aiutano vicendevolmente e fanno la differenza, dato che i pensieri che si affollano come in una messa a San Pietro, sono a renderci più “smemorati” del solito e allora dividere la scalinata in due, tre, quattro, dieci, mille, ecco che diventa una passeggiata in discesa, col sole che ci benedice. 
E quando guardo il mio bel pancione, nei vestiti freschi d’acquisto e scelti assieme al padre di mia figlia, dimentico il tornado che sta abbracciando me, i miei concittadini e l’Italia intera e torno a lei, a quanto stia crescendo e al prossimo appuntamento che ci attende per incontrarla ancora attraverso quello schermo. 
E’ incredibile quanto un’attesa così bella, possa rimanerne indenne e immune, grazie al lavoro svolto dalla testa della mamma che, come per protezione, non si fa coinvolgere dal resto, ponendo al centro dei suoi pensieri, la creatura che verrà al mondo. Prima, avrei fatto anche io come le persone che si sono attaccate al telefono e avrei descritto le mie sintomatologie per sospetto virus, mentre oggi sono una donna consapevole, a cui preme conservare le sue energie nelle gioie che la circondano, rifugiandosi in un parco all’aria aperta, tuffandosi nel colorare i suoi cartoni animati preferiti e soprattutto a fantasticare su come sarà magnifico incrociare lo sguardo di Lucrezia per la prima volta.
Lacrime di emozione laveranno questo periodo, lasciando spazio, ancora una volta, a noi. 
Ecco, io penso a questo.

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